ROBERT CARROLL: FRATER FRANCISCUS

Da tutta la vita - quella vita iniziata per sua stessa scelta il giorno in cui decise di lasciarsi alle spalle una laurea in fisica nucleare per concedersi al richiamo della pittura - l'occhio e il cuore di Robert Carroll hanno sempre attinto ispirazione dal grande respiro dei paesaggi più incontaminati.
Istintivamente, forse senza averne piena coscienza, come l'Ettore Majorana presentatoci da Leonardo Sciascia, Carroll tenta di non fare quello che è chiamato a fare dalla sua formazione scientifica. E in questo atto l'artista acquista l'unica possibilità di essere libero rifiutando il ruolo a lui destinato per ritrovare, dietro il suo bagaglio di conoscenze, se stesso. Non è poi così difficile immaginarlo intento a intraprendere serenamente la sua nuova strada dopo che, con orrore, già percepisce quel giorno futuro in cui si troverà a 'negare per tre volte la terra'.
Ha così inizio la ricerca. La sua è un'indagine sociale, fortemente psicologica, di un'umanità inseguita e sorpresa dentro le strutture architettoniche del vivere quotidiano. Stanze, corridoi, case e palazzi dalle finestre spalancate, soffitti mancanti, pareti irrealmente trasparenti dove il paesaggio, l'ambiente urbano e naturale, sono la chiave di lettura per la comprensione delle tensioni interiori dei personaggi che popolano le tele. Dal 1983 Carroll inizia una lunga serie di viaggi in molti dei principali parchi naturali, prima americani e in seguito europei, che segnano un'importante svolta nel metodo del suo lavoro. La sua indagine, sempre protesa ad afferrare la vita nel suo manifestarsi, muta da un'irrealtà del quotidiano fatta di particolari iperrealistici alla contemplazione degli eterni equilibri per la sopravvivenza delle specie animali e vegetali. La ricerca si arricchisce di attente osservazioni fotografiche che implementano gli elementi di riflessione sullo studio della composizione del Carroll pittore e grafico. Un percorso che porta l'autore a realizzare un vasto programma figurativo dal titolo di Garden Party incentrato su una copiosa serie di rappresentazioni di foreste, deserti, stagni, caverne e giardini.
Ma il suo rinnovarsi non si ferma qui. L'artista oltrepassa il rapporto comunicativo tradizionale tra quadro e spettatore concependo un sistema di proiezioni plurime e simultanee di immagini e video incentrate sui suoi dipinti, fotografie e incisioni. Sono le multivisioni, con le quali Carroll tocca un completo coinvolgimento sensoriale del suo pubblico.
Niente di strano, quindi, se molti anni fa un amico gli suggerì l'idea di realizzare delle opere ispirandosi alla figura di san Francesco d'Assisi. A distanza di dieci anni, tanto fu il tempo che ha impiegato a maturare l'adeguata disposizione d'animo per affrontare questa impresa, Carroll realizza una cartella di dodici incisioni dal titolo Frater Franciscus e I Gigli del campo (Napoli, Artmida, 1998) delle quali dieci tratte da altrettanti versi del Cantico di Frate Sole di san Francesco e due dai Sermones di sant'Antonio da Padova. Oggi l'artista torna a rivisitare questa sua impresa con nuovi acrilici acquerellati e una nuova multivisione di prossima presentazione.
L'idea che Carroll si è creato del messaggio di Francesco racchiude una sua specifica universalità in quanto ricca di valore storico. In altre parole, l'artista ha dato vita alla ragione del principio teorico e strumentale con cui approcciarsi all'esperienza umana del santo. Questo suo lavoro ha così potuto raccogliere, in un suo segno nuovamente significante, quel messaggio proveniente da un tempo antico in grado di resistere e di diventare emblema stesso del tempo.
Ecco perché queste opere non sono concepite come illustrazioni delle parole che compongono il Cantico ma, attraverso il racconto figurativo di personali esperienze, sono evocate in nuova forma affinché l'osservatore sia partecipe di una nuova e piena riscoperta del senso stesso della vita del santo.
All'interno delle opere il segno supera l'intenzionalità e cresce spontaneamente, come strappato al controllo dell'autore. È l'impersonalità dell'artista, il farsi tramite, perché il linguaggio segnico, come la poiesis tutta, va al di là della personalità e del tempo, senza per questo avere nessuna intenzionalità di rifiutare tempo e personalità. Questa forza emancipatrice è una potenza di designazione che non può essere definita in altro modo che con lo spessore semantico acquisito. Un viaggio spontaneo che trascina verso una nuova vita; verso una vibrazione diametralmente opposta a quella sorda esistenza vissuta nella progettualità. È l'impossibilità dell'opera d'arte al modello di una sintesi esaustiva. Una ambiguità che corrisponde alla vita stessa dell'arte.
L'arte non porta conferme ma introduce a nuove prospettive. Accompagna il nostro spirito dal mondo del già detto ad un nuovo approdo. Ma questo apparire alla nostra coscienza come nuovamente sorprendente e meraviglioso, la visione delle cose, è l'elemento fondativo del nuovo sentimento di verità, di reale, che va prendendo vita. "Noi non vedremmo niente se non avessimo, coi nostri occhi, il mezzo di sorprendere, di interrogare e di mettere in forma delle configurazioni in numero indefinito", osserva Sergio Bettini.
Nell'opera di Robert Carroll si rinnova quel messaggio in cui la prima opera d'arte non può essere altro che la natura stessa, l'intero nostro mondo. L'intuizione comprensiva dell'arte acquista, ora chiaramente, il ruolo di vera forma di conoscenza della meravigliosa esperienza testimoniata da san Francesco.

MARCO DEL MONTE

Venezia, marzo 2007